Focusing on the Mediterranean as a pivotal element in Western history, this book explores concepts of openness and hospitality in Europe. It emphasizes the sea's diverse yet interconnected nature, proposing it as a model for innovative social and political coexistence. The work invites readers to reconsider European identity and unity through the lens of cultural differences and shared heritage, aiming to inspire new forms of community and collaboration.
La geo-filosofia del Mediterraneo delineata in questo libro è una riflessione filosofica appassionata e vibrante che, partendo dal dato geografico, coglie gli aspetti simbolici e storici di questo mare così cruciale per la storia europea e dell'intero occidente. Il Mediterraneo assume allora i tratti di un pluriverso composito... di un mare di differenze che, tuttavia, mostra una profonda radice unitaria. Proprio questo carattere insieme unitario e plurale, nell'incessante articolazione di terra e di mare, può fungere da paradigma per ripensare nuove forme di convivenza sociale e politica. Per ripensare l'Europa a partire dal Mediterraneo, nel segno dell'apertura e dell'ospitalità.
A distanza ormai di quasi sessanta anni dalle pagine dedicate da Schmitt al Nomos della terra, la «grande antitesi della politica mondiale» tra pluriverso e universo, lungi dall'aver trovato soluzione, è divenuta, semmai, di ancor più scottante attualità con il sopraggiungere dell'età globale. Pur con tutti i suoi limiti intrinseci, la teoria schmittiana dei grandi spazi ha l'indubbio merito di porre l'accento sulla necessità di pensare a un pluriverso in grado di contrastare le spinte universalistiche della potenza imperiale di turno, oltre a smascherare il carattere ideologico dell'attuale "umanitarismo". Tuttavia, oltre l'antitesi schmittiana tra universo e pluriverso, se davvero si vuole fugare lo spettro di un Impero universale o quello, altrettanto minaccioso, di una guerra civile mondiale, nell'epoca della globalizzazione universo e pluriverso non sono i termini di un'alternativa, ma vanno pensati insieme. Solo una politica dell'ospitalità può ispirare il pluriverso di una confederazione di grandi spazi, i quali si riconoscono nell'universale con-vivenza che consente a ciascuno di scoprire quell'estraneo che è e quell'ospite che è chiamato a diventare.
Wenn eine Gabe zum tödlichen Fluch wird. Als Katsa dem geheimnisvollen Prinzen von Lienid begegnet, weiß sie sofort, dass auch er beschenkt ist – sie ist sich nur nicht sicher, mit welcher Gabe. Katsa dagegen ist in allen sieben Königreichen bekannt und gefürchtet: Sie besitzt die magische Gabe des Tötens. Nur Bo, der fremde Prinz, scheint keine Angst vor ihr zu haben und ringt beharrlich und mit viel Geduld um ihr Vertrauen. Im Kampf gegen einen König mit einer teuflischen Begabung werden sie auf ihrem gemeinsamen Weg durch Schnee und Eis, über Meere und Gebirgsketten zu Verbündeten – und zu einem leidenschaftlichen, unabhängigen, innigen, streitenden, liebenden Paar.
Considerato il più delle volte solo nei suoi apparenti risvolti provincialistici, il "paesaggio" heideggeriano ha finito per rappresentare soltanto lo sfondo un po' kitsch di un pensiero per molti versi inurbano, se non addirittura la prova della presunta adesione del filosofo all'ideologia volkisch del nazionalsocialismo.Questo lavoro intende invece aprirsi una diversa prospettiva ermeneutica, mostrando come sia la ricca metaforica boschiva dei sentieri e delle radure che i motivi della radicatezza e del Luogo, non solo siano essenziali per comprendere quella esperienza che, secondo Heidegger, è il pensiero, ma anche lo conducano in una direzione assai diversa da quella che, proprio in quegli anni - e ancora adesso - declinava il tema dell'appartenenza alla Terra secondo il modello etnico Blut und Boden. La baita di Todtnauberg assume allora il significato non di rifugio in un provinciale mondo arcaico-contadino, ma quello di Luogo in cui una Terra si mostra con il suo inconfondibile volto ad un pensiero che cerca di farne esperienza attraverso una parola, capace di salvaguardarne e custodirne nel silenzio l'inesauribile mistero. Si vengono cos' lentamente a disegnare le invisibili geografie di un pensiero cui forse il nome "geofilosofia" conviene di più.