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Daria Bignardi

    14. Februar 1961
    Un karma pesante
    Linus chiama Italia
    Oggi faccio azzurro
    L'acustica perfetta
    Meine sehr italienische Familie
    So glücklich wir waren
    • Mit ihren Erinnerungen an die unbeschwerten Tage der Jugend und ihrer Leidenschaft für klassische Literatur lebt Alma lieber in der Vergangenheit als in der Gegenwart. Als ihre Tochter Antonia schwanger ist, weiht sie sie ein in ein wohl gehütetes Familiengeheimnis: das spurlose Verschwinden ihres Bruders. Antonia beschließt, nach Ferrara zu reisen und sich auf eine Suche zu machen, für die ihre Mutter nie genug Kraft hatte. Doch bei ihren Streifzügen durch die mysteriös anmutende Stadt, die mit ihren mittelalterlichen Gemäuern und den schmalen Gassen die perfekte Kulisse für Heimlichkeiten und Gerüchte bietet, kommt Antonia nicht nur der Geschichte ihrer verschlossenen Mutter und dem Verschwinden ihres Onkels auf die Spur, sondern enthüllt auch eine familiäre Tragödie, die sehr viel weiter reicht, als sie jemals hätte ahnen können. So glücklich wir waren erzählt ebenso fesselnd wie ergreifend von lebenslanger Reue und der fragilen Nähe zwischen Müttern und Töchtern. In ihrem aufwühlenden Roman stellt Daria Bignardi die alles entscheidende Frage, wie genau wir die Menschen kennen, die uns am nächsten stehen.

      So glücklich wir waren
    • Als ihre Mutter Giannarosa stirbt, erinnert sich Daria an die Geschichte ihrer Familie: An die leidenschaftliche Liebe ihrer Eltern, die sich 1944 im Bombenhagel kennenlernen. An ihren Vater Vico, einen Kavalier alter Schule, der seine beiden Töchter vergöttert, wie es nur ein italienischer papà tun kann. An Micione, den Kater (und Ersatzbruder), der immer auf dem Fernseher schläft. An all die Kleinigkeiten, Chaos und Liebe, die aus einer normalen Familie etwas ganz besonderes machen.

      Meine sehr italienische Familie
    • Oggi faccio azzurro

      • 168 Seiten
      • 6 Lesestunden

      «Mi chiamo Gabriele, come l'arcangelo» aveva detto, «ma qui in Germania è un nome da donna. Il tuo invece che razza di nome è?» Galla si chiama così in onore dell'imperatrice Galla Placidia: «Darmi quel nome è stato uno dei pochi gesti coraggiosi di mia madre». Da quando è stata lasciata dal marito, improvvisamente e senza spiegazioni, passa le giornate sul divano a fissare la magnolia grandiflora del cortile, fantasticando di buttarsi dal balcone per sfuggire a un dolore insopportabile di cui si attribuisce ogni colpa. Esce di casa solo per vedere la psicanalista Anna Del Fante o per andare in carcere. «Da quando Doug mi ha lasciata sto bene solo dentro. Canto con altre dieci volontarie in un coro di detenuti tossicodipendenti. Anche io devo disintossicarmi.» Durante il primo viaggio da sola, a Monaco di Baviera, entra per caso in un museo dove è allestita la mostra della pittrice tedesca Gabriele Münter. Galla, che da ragazza studiava arte, ricorda solo che la Münter era nel gruppo del Cavaliere Azzurro con Vasilij Kandinskij. Ma quel giorno le sue opere «così piene di colore e prive di gioia» la ipnotizzano. Da quel momento la voce di Gabriele entra nella vita di Galla: la tormenta, la prende in giro e intanto le racconta la sua lunga storia d'amore con Kandinskij, così simile a quella di Galla con Doug. Mentre il dialogo tra le due si fa sempre più animato, la strada di Galla incrocia quella di altri due pazienti di Anna Del Fante: Bianca, un'adolescente che non riesce più ad andare a scuola, e Nicola, seduttore compulsivo e vittima di attacchi di panico. Le imprevedibili conseguenze di questo incontro potrebbero cambiare le vite di tutti e tre.

      Oggi faccio azzurro